La mortalità nei GDR
La mortalità nei GDR è un bene o un male ? Quanto mortale deve essere un regolamento per gioco di ruolo ? Ci si può divertire anche se il proprio Personaggio muore, persino in maniera improvvisa ? Esistono morti “ingiuste” nei giochi di ruolo ?
Queste domande volenti o nolenti hanno assillato molti di noi e nel corso della storia del gioco di ruolo le due posizioni agli antipodi di questo spettro (mortalità come bene/mortalità come male) si sono cristallizzate negli stili OSR da una parte e Middle School / Narrativista dall’altra.
Questo articolo si pone l’obiettivo di analizzare entrambe le correnti, cercando di ragionare sulle motivazioni e sulle conseguenze intrinseche di ciascuna; lo scopo è di superare le due concezioni di pensiero per approdare ad una sintesi che tenga conto di entrambe.
Ma prima però parliamo un pò del termine mortalità, cercando di definire questa categoria.
Cosa si intende per mortalità ?
Anche se può sembrare scontato, è sempre meglio chiarire cosa si intende per frequenza di mortalità quando si parla di giochi di ruolo (giusto per evitare fraintendimenti).
Ogni regolamento ha la propria soglia di mortalità: questa indica quanto coriacei saranno i Personaggi di quel gioco e di conseguenza quanto frequentemente dovremo rifare la scheda.
Per dare un’idea, citiamo due GDR agli antipodi: il D&D Classico degli anni ’80 e Vampiri, entrambi molto popolari. Chiunque abbia familiarità con questi due giochi di ruolo sa benissimo che il primo ha una frequenza di mortalità molto più elevata rispetto al secondo.
Qui ovviamente si parla di mortalità come emerge dalla sola lettura del regolamento, ovvero a prescindere dal contesto, dal tipo di avventura e dal Master: so benissimo che esistono campagne di D&D dove si muore poco e cronache di Vampiri dove i cainiti cadono come mosche, ma l’intento qui è focalizzarsi sul sistema.
Se volessimo rendere il tutto più schematico potremmo valutare la mortalità di un gdr tramite un punteggio da 1 a 5, dove 1 indica un sistema a mortalità bassa (Es. Vampiri). Facciamo alcuni esempi:
Vampiri, Exalted
D&D 5E
D&D 3.X, Savage Worlds, D&D 4E
Cyberpunk 2020, Lex Arcana, AD&D, Traveller Classico
D&D Classico, Old D&D, Il Richiamo di Cthulhu, L’Ultima Torcia
GDR a mortalità elevata
Chiariamo innanzitutto una cosa: il Gioco di Ruolo nasce a mortalità elevata. Perdere un Personaggio era considerato normale agli albori dell’hobby, come da testimonianze dei veterani.
La sopravvivenza del Personaggio inoltre era una funzione più o meno diretta della scaltrezza e dell’abilità del Giocatore che lo muoveva e non dei numeri segnati sulla sua scheda.
La mortalità svolgeva quindi un ruolo propedeutico: aveva cioè lo scopo di punire i Giocatori troppo avventati e quelli che facevano troppo affidamento sulle statistiche del proprio Personaggio.
La morte del Personaggio fa parte del gioco, ma acquisisce una connotazione negativa solo se è frutto di una decisione arbitraria del Master. Se è il risultato di una scelta operata dal Giocatore invece, se questi ha la possibilità di evitarla, non è affatto ingiusta.
La perdita di un Pg serve a ricordare ai Giocatori che non sono protagonisti di un film o di un romanzo. Il termine gioco non è stato messo lì per caso: mettersi in gioco significa rischiare, e se non c’è rischio non c’è gioco.
GDR a mortalità limitata
Rappresentano in primo luogo la reazione al fenomeno dei Killer DM, ovvero a quei Master che amano vantarsi di quanti Personaggi hanno ucciso nel corso della loro carriera.
In secondo luogo però, nascono anche da una concezione che riteneva ingiusta la morte di un Personaggio se questa non era in qualche modo giustificata dalla “storia”.
In pratica una morte per mano di un semplice bandito o per affogamento era vista come ingiusta, perchè ritenuta in contraddizione con i presunti fondamenti del GDR: cioè che i Personaggi sono gli eroi e i protagonisti della storia.
In quanto tali essi dovevano morire in maniera “significativa”, ovvero le circostanze della loro morte dovevano rispecchiare la loro importanza. Questo concetto è poi divenuto parte delle scuole di pensiero narrativiste e Forgite.
Ovviamente anche qui, bisogna sempre tenere a mente il contesto, ovvero la tipologia di GDR. Mi pare ovvio che un Gioco di Ruolo sui supereroi debba essere meno mortale di uno investigativo, per dire.
Non ci piove. Il problema sorge quando diventa un paradigma da applicare a tutti i GDR. In quest’ultimo caso rivela tutta la sua limitatezza e fa emergere il vizio di fondo, quello di concepire il Gioco di Ruolo come una “storia” o una narrazione condivisa.
Riprenderò la questione nel paragrafo la Mortalità come Funzione dello Spirito del Gioco.
La mortalità è una conseguenza del regolamento o del Master ?
Altra questione delicata che ci conviene affrontare subito è quella delle cause. La mortalità dipende dal regolamento ? O dalle scelte e dallo stile del Master ?
E’ fondamentale secondo me, dare ad entrambe un’equa parte di colpa. Se è vero che sarebbe da sciocchi ignorare le regole che di per sé sono conseguenza di una mortalità più o meno frequente, è pur vero che l’atteggiamento e la personalità del Master giocano un ruolo decisivo.
Un Master che vede sé stesso solo come “avversario” dei Giocatori ad esempio (e non come loro controparte dialettica in opposizione/relazione), è in grado di incrementare notevolmente la mortalità di un Gioco di Ruolo.
Viceversa un Master che viene da un background da “narrazione condivisa” sarà portato a falsificare il risultato dei dadi pur di far si che i Personaggi si salvino e la “storia” vada avanti.
La mortalità come funzione dello Spirito del Gioco
La frequenza di mortalità andrebbe anzitutto letta in funzione dello Spirito del Gioco.
Rifacendomi all’esempio di prima, un GDR con Personaggi supereroi (o vampiri, o divinità) ha una mortalità limitata perchè questo è affine allo Spirito che gli autori volevano trasmettere. Modificare questo significa snaturare il gioco.
I Giochi di Ruolo Old School viceversa sono improntati sull’esplorazione e sul rischio: per quanto potente il Personaggio possa essere, c’è sempre una probabilità (seppur minima) che esso muoia e il Giocatore deve semplicemente accettarlo come parte dello Spirito del Gioco.
Ciascun gruppo è ovviamente libero di alterare questa mortalità come più gli aggrada ma sempre tenendo conto dello Spirito originario del gioco, per evitare di snaturarlo: è ciò che è accaduto ad esempio con D&D 4E, da molti non riconosciuto come “Dungeons & Dragons”.
Conclusioni
Personalmente vi invito a diffidare di chi critica tutti i GDR a mortalità elevata per principio, senza nemmeno averli letti o compresi: e per compresi intendo un significato più ampio del semplice “capire”.
Un conto è esprimere una preferenza per GDR a mortalità limitata, un altro è farne una questione obiettiva, indicandolo come un difetto a prescindere dallo Spirito del Gioco.
D’altra parte non apprezzo nemmeno coloro che fanno della mortalità di un GDR un pregio o una qualità positiva intrinseca. La mortalità è semplicemente una delle tante caratteristiche del gioco, né positiva né negativa.
In anni recenti ha predominato la filosofia della mortalità limitata, con tutte le conseguenze che conosciamo. Gli OSR hanno contribuito ad arginare (e probabilmente anche ad arrestare) l’ondata narrativista, ma tuttavia in rete prevale ancora l’idea che un GDR in cui i Personaggi muoiono troppo facilmente sia da buttare.
Con questo articolo spero di aver chiarito che entrambe le filosofie hanno le loro motivazioni e i loro meriti, purché vengano contestualizzate e inserite in un’ottica di Spirito del Gioco, piuttosto che viste come una conseguenza del Cattivo Game Design.
Cari amici, anche questo ennesimo articolo di approfondimento targato GDR Magazine è giunto al termine ! Avete critiche da esporre ? Non siete d’accordo con la mia valutazione a propostio della mortalità dei Giochi di Ruolo ? Il Box Commenti vi attende ! Non dimenticate di condivere l’articolo sui vostri spazi social, un piccolo favore che vi chiediamo per aiutarci a raggiungere più persone e ad estendere la discussione !
Credo che difficilmente capiti di morire per il design del gioco. Più probabile che sia frutto di scelte pericolose, e a volte sbagliate, di giocatori o del game master (o di entrambi)
Ciao Stefano,
le scelte pericolose influiscono, ma ci sono giochi (ad esempio i masterless e i narrativi) dove non si può morire da regolamento. Quindi anche se hai un killer DM e se i Giocatori vanno a cercarsela, semplicemente non si può morire in quei giochi.
Vale anche il discorso opposto: in OD&D o nell’Ultima Torcia, anche se giochi in maniera prudente o sei di 16° livello, puoi morire per un TS fallito. Quindi il design conta eccome… almeno quanto gli altri fattori che citi 🙂
Ciao Daniele,
io non concepisco avventure senza rischio e, anche nei fantasy più spinti, la possibilità di morte riporta la storia ad un maggiore realismo; quindi i sistemi “deathproof” li lascio volentieri ad altri. Poi non penso che un pg del 16 livello muoia se fallisce un TS contro un incantesimo di primo livello. Ad esempio D&D (qualunque versione) è meno mortifero del Richiamo di Cthulhu, e ho visto vampiri tutti d’un pezzo uccisi in un paio di round.
Stefano, il fatto che tu (come me, d’altronde) non apprezzi i sistemi deathproof non significa che non esistano e non vadano presi in considerazione: quando scrivo un articolo di approfondimento non mi baso solo su quello che piace o non piace a me, ma cerco per quanto possibile di abbracciare tutto l’universo GDR.
Non so poi a quale D&D ti riferisci, ma ti posso assicurare che nell’ Old D&D, nel Classico e nell’AD&D un Pg di 16 livello che sbaglia un TS contro Veleno o contro Incantesimi (o mostri) che causano morte istantanea, muore immediatamente. E’ un dato di fatto che puoi constatare semplicemente leggendoti i manuali dei suddetti giochi, se non credi alle mie parole.
Sul fatto che d&d sia meno mortifero del Richiamo di Cthulhu posso anche essere d’accordo, ma il fatto che tu abbia visto Vampiri morire in un paio di round non prova nulla: io ho visto PG de Il Richiamo di Cthulhu sopravvivere a campagne intere senza diventare pazzi… e allora ? Ciò non significa che il regolamento di Call of Cthulhu sia poco mortale. Si tratta di casi isolati e coincidenze, che dipendono dalle singole campagne. Nell’articolo si parla di regolamenti.
Sono d’accordo che la mortalità debba dipendere dallo Spirito del Gioco: è ovvio che ne Il Richiamo di Cthulhu la mortalità debba essere maggiore che nei Supereroi (odio quando mi fanno la torcia umana che uccide con la sua fiamma!).
A Stefano: Continuo a non codividere che l’alta frequenza della mortalità renda il gioco più realistico, anzi lo rende di meno, semplicemente perché non uccidi il giocatore quando muore il personaggio, quindi si creerà un altro personaggio che muore e quindi se ne crea un altro e quindi… dov’è il realismo quando sputano come funghi PG ad ogni passo? Che ci facevano lì ogni due per tre? Perché non si incontrano a meno che non c’è stata una morte? C’è un generatore di persone, ogni volta che ne muore una? Semplicemente non è realistico! Per rendere realistica una battaglia, rendi una buffonata l’intera guerra.
Continuo a rimanere dell’opinione che la mortalità “uccida” l’interpretazione, ma di questo ne ho parlato tanto anche in altri articoli, quindi non mi ammorbo di nuovo 🙂
Ciao 🙂
concordo in buona parte .
in LUT è 1 vero peso , come già scrissi , lo rende 1 difetto .
nei vecchi D&D (BECMI e AD&D) noi non morivamo frequentemente ,
c ‘ era la giusta dose di rischio .
perchè c ‘ erano ampie scelte , e DM che sapevano gestire le meccaniche (ed i PG le risorse) .